tradition de la grande mère,
AS La Tradizione Isiaca della Grande Madre
Tendiamo a parlare di tradizione “Isiaca” della Grande Madre, poiché siamo portati a ritenere ed a riscontrare come la cultura misterica sviluppatasi nel bacino del Mediterraneo assuma la figura della Dea Iside come prototipo manifesto della madre celeste, generatrice di un figlio luminoso, guida dei popoli e delle nazioni.
In realtà, approfondendo l...'argomento, la questione appare assai più complessa, con mitologie che narrano di figure archetipali sempre più antiche e con racconti che rinviano a mitologie, simili od assimilabili a quelle oggetto del nostro studio, ma comunque diverse, fino a doversi perdere in terre mesopotamiche, mediorientali, iraniche, senza poterne venire veramente a capo. Ecco allora che nasce l'esigenza di trovare non solo un metodo di ricerca e di studio che ci possa supportare, ma anche un principio guida che possa segnare dei termini sicuri lungo questo interessante ma faticosissimo percorso. Tale metodo e principio non può che essere segnato dall'evoluzione del principio primigenio della Magna Mater quale generatrice cosmogonica, sotto varie forme e con molteplici aspetti, ma sempre e comunque madre e sposa del principio originario maschile, in tutti i piani dell'emanazione, in ogni angolo dell'Universo. La mitologia egizia, vicina al nostro sentire e, comunque, progenitrice di ogni mitologia mediterranea, ci fornisce un significativo punto di partenza.
Proviamo ad approfondire un po' la cosmogonia kemita eliopolitana, con particolare attenzione alla linea femminile. All'inizio di ogni esistenza era NUN, l'Oceano primordiale, dal quale emerse TA-TENEN, la prima terra, la coagulazione del caos originario, da essa sorse ATUM, prima manifestazione divina, riassumente in sé il tutto ed il nulla. Nel prepararsi al primo atto generativo ATUM diviene ATUM-RA, principio solare di ogni azione demiurgica che, nel divenire, dà esistenza alla prima coppia divina, composta da SHU, Dio dell'Aria, e da TEFNUT, Figlia del caldo umido. In risonanza con la natura e le qualità demiurgiche, i due primi princìpi divini danno vita alla seconda Dimensione Cosmica con la nascita del Dio maschile GEB, la Terra e del Dio femminile NUT, il cielo. Nella ulteriore ipostasi GEB e NUT danno origine a due coppie divine: OSIRIDE - ISIDE, e SETH-NEFTYS (o NEFTI), con un atto generativo contrastato da SHU, geloso di NUT. NEFTI, con i vestiti ed il profumo di ISIDE, riesce ad ingannare OSIRIDE e concepire con lui un figlio, ANUBIS, Dio delle necropoli, Signore della Terra Sacra; il secondo concepimento avverrà fra OSIRIDE ed ISIDE e sarà non più carnale, ma spirituale, il figlio è HORUS, il Dio del Cielo, Signore del Sole e della Luna, Sotèr Salvatore e rettificatore dell'Umanità. Al di là del dato storico ed identificativo delle singole divinità, emergono alcuni importanti e significativi elementi di considerazione: per la prima volta viene manifestata un'ipostasi divina in un ambito concettuale di “dualità”; per la prima volta emerge un “contrasto” nell'ambito del flusso generativo del divenire; per la prima volta appare il concetto di quaternario; per la prima volta si struttura, almeno in una così importante e divulgata tradizione, una differenza fra generazione carnale e generazione spirituale; per la prima volta le divinità si pongono su diversi piani emanativi. Tutti questi elementi saranno ripresi dalle cosmogonie veterotestamentarie e, sotto altri aspetti, anche da quelle gnostiche. L'aspetto femminile delle divinità egizie è intrinsecamente connesso con la tradizione della Grande Madre che, certamente, è di per sé storicamente antecedente, ma ha la prerogativa di essere compiutamente strutturato e trasposto su più livelli di manifestazione. Ad esempio, TEFNUT è la personificazione della prima coppia divina, NUT quella della seconda dimensione cosmica ed ISIDE l'ipostasi del femminino sacro nella simbologia del quaternario del mondo manifesto. Prendendo a prestito qualche concetto filosofico dalla patristica medievale possiamo così affermare che TEFNUT rappresenta la “causa causante”, ISIDE la “causa causata” e NUT la “causa formante”. Questa differenziazione non è solamente formale, ma è sostanziale: ciascuna personificazione rappresenta l'elemento femminile su di un diverso piano ed è connaturata ad un diverso livello concettuale; e più è elevato il livello di riferimento, maggiore è la difficoltà di comprensione del significato intimo, esoterico, dell'ipostasi divina. Trasferendo tale concetto in una dimensione cabalistica del femminino sacro, possiamo affermare che TEFNUT rappresenta l'elemento femminile nel mondo archetipale, NUT in quello della creazione e ISIDE in quello della formazione.
Esiste un aspetto terribile della Grande Madre, vita e nascita, in profondità, sono legate alla morte ed alla distruzione: la Grande Madre Ta-Urt è un mostro terrificante e divoratore, mortifera e protettiva; Ammit divora le anime che non erano presenti al giudizio di mezzanotte. Tuttavia la figura eliopolitana di Iside ha garantito, con i suoi misteri, la rinascita e la resurrezione non solo dell'anima del faraone, ma di tutte le anime. Possiamo quindi affermare che la sicurezza del magico successo sulla via del sole, comunicata potenzialmente ad ogni individuo, ha colmato l'angoscia primordiale rappresentata dalla Grande Madre distruttrice e divoratrice. Il mondo sotterraneo, l'utero terrestre, inteso come pericolosa terra dei morti che il trapassato deve attraversare sia per essere giudicato e giungere al regno ctonio della salvezza e della dannazione, sia per attingere un più elevato livello di esistenza, è uno dei simboli archetipici della Madre Terribile. Il sole tramonta ad ovest e si immerge nell'utero del mondo sotterraneo che lo divora; perciò l'occidente è il luogo della morte. Come il tempio è il simbolo femminile e protettivo della casa, cioè della Grande Dea quale tarda evoluzione della caverna, la porta del tempio, in quanto accesso alla Dea, è il suo utero. Non solo dunque il luogo della nascita è ovunque sacro per il femminile, ma si vede anche che esso è il centro di tutti i culti dedicati alla Grande Dea femminile come Signora della nascita, della fertilità e della morte. Nell'Asino d'Oro di Apuleio l'iniziato ai misteri di Iside deve attraversare le 12 ore della notte,corrispondenti al viaggio notturno del sole nel mare secondo la concezione egiziana. La più bella espressione del legame della Grande Madre con i morti è costituita dai sarcofagi egiziani, che presentano sul fondo la Dea Nut, dea del cielo, che abbraccia il morto. Essa è la dea della rinascita, ma ha anche un carattere di morte, in quanto cielo notturno ed oscuro, identificabile con l'acqua e con l'oscurità divorante della terra. Il femminile positivo dell'utero appare, in moltissime iconografie dell'antichità, non solo mediterranea, come “bocca”: ed è per questo motivo che al genitale femminile vengono attribuite delle “labbra”. Alla base di quest'equazione simbolica la bocca, come un utero spostato in alto, costituisce il luogo di nascita del respiro, della parola e, in buona sostanza, del Logos. Analogamente l'aspetto distruttivo del femminile appare sovente nella forma archetipica di una bocca irta di denti. Nel suo doppio aspetto la Grande Madre, in quanto Madre Buona, è la signora della Porta d'Oriente, la porta della nascita, in quanto Madre Terribile, essa è la signora della Porta d'Occidente, della morte e dell'ingresso negli inferi. L'inferno ed il mondo sotterraneo, in quanto vaso della morte, costituiscono le forme del vaso utero negativo, portatore di morte, contrapposto al suo aspetto positivo, datore di vita.
Nella sua ampia e profonda fenomenologia l'archetipo del femminile, con il suo aspetto positivo e negativo, abbraccia ciò che sta in alto e ciò che sta in basso, ciò che è prossimo e ciò che è lontano: esso appare come un grande cerchio che costituisce e contiene l'intero Universo. Sia che la sorgente mitica della vita sia l'oceano primordiale, sia che essa sia la terra od il cielo, il luogo di origine presenta un elemento costante: l'oscurità originaria. L'oscurità della notte primordiale, mondo infero e acqua primordiale, madre di tutte le cose è il simbolo dell'inconscio dell'umanità collettiva; la coscienza illuminata dalla prima differenziazione è dunque figlia di questa profondità primordiale. Nella mitologia egiziana di Ermopoli la natura dell'oceano primordiale, come fosse un serpente Uroboros, è rivelata dal fatto che esso circonda la terra nata da lui stesso e che, alla fine del mondo, riprende nel suoflusso primordiale ciò che da esso è nato. Nella rielaborazione cosmogonica elipolitana si colloca la dea Iside nel contesto generativo di Hator, la grande dea madre dalla testa di mucca, e di Nut, la dea celeste, che imbeve la terra della sua pioggia-latte e porta sul dorso il dio solare. A Nut, la volta superiore del cielo, corrisponde Naunet, la volta inferiore che, come un cielo riflesso ed inferiore, giace sotto al disco della terra: entrambe formano il grande cerchio del vaso femminile, ma la dea del cielo inferiore non è “altro” da quella superiore, bensì ne è l'aspetto infero, la parte inferiore del cerchio uroborico. La Grande Dea è l'unità che scorre dall'acqua primordiale sotterranea e celeste, il mare azzurro su cui viaggiano le barche degli dei della luce, l'oceano circolare che genera la vita sopra e sotto la terra; tutte le acque, le sorgenti, le fontane, così come la pioggia, le appartengono. Essa è l'oceano della vita, con le sue stagioni che portano morte e vita, e la vita è nata da lei, come un figlio. Come volta celeste copre i suoi figli come la chioccia i suoi pulcini, perciò il suo nome non era solo “la porta”, ma anche “colei che copre il cielo”. In numerose rappresentazioni le ali tese di Iside abbracciano, coprono e proteggono Osiride e, con lui, tutti i trapassati. La dea Nut che, dal fondo del sarcofago, abbraccia e prende in grembo i morti, è la stessa madre di morte che, in ambito cristiano, ci è nota come Pietà, come Madonna che tiene in grembo il Cristo morto, ritornato nuovamente a lei, e che nasconde in sé, come vaso primitivo e come urna, il bambino e l'adulto. Domina qui, come ovunque, la concezione secondo cui la Grande Madre, in quanto cielo notturno, contiene in sé, ed è, cielo, terra e acqua. Solo in seguito, con la separazione, nascono la luce, il sole a la coscienza e, con essi, anche la differenziazione. Nella sfera matriarcale il cielo diurno è lo spazio dove il sole nasce e muore e non, come sarà in seguito, lo spazio sul quale esso domina; è il margine luminoso della vita, coperto dalla notte all'inizio ed alla fine, all'interno di esso il figlio della luce deve descrivere il suo arco di luce, che termina sempre nella morte e, sempre, prelude alla sua rinascita, in un cerchio senza fine e senza soluzione. Solo dopo l'affermazione del mondo patriarcale, con il dominio del sole, il mattino diviene determinante come esempio della nascita del sole. Ma anche allora, stranamente, il computo del tempo viene fatto iniziare non con il tramonto od il sorgere del sole, ma con la mezzanotte e il corso dell'anno comincia con il solstizio invernale, cioè nel periodo più oscuro e buio. Anche in Egitto il tempo della nascita è la notte, poiché l'apparizione delle stelle e della luna è, per l'uomo antico, la nascita evidente, mentre il mattino è il tempo della morte, in cui il cielo divora i figli della notte. Se prescindiamo dalla correlazione giorno-sole è possibile comprendere questa concezione universale dell'umanità: il sole è un figlio del cielo diurno femminile, così come la luna è figlia del cielo notturno. Il cielo femminile è l'elemento stabile e duraturo, e l'elemento luminoso sole, luna, stelle è ciò che sorge e che tramonta, ciò che passa e che declina all'interno dell'uovo cosmico, bianco-nero, della Grande Madre. La Grande Madre è, tuttavia, anche Signora del tempo e, dunque, del Fato. Il simbolo in cui sono archetipicamente connessi tra loro spazio e tempo è il firmamento, popolato sin dai primordi dalle proiezioni immaginarie dell'umanità. Il fatto più significativo non è tanto che in Egitto come in Mesopotamia, in Arabia come in Cina siano state viste egualmente 28 stazioni della luna e 12 stazioni del sole, ma è che ognuna di queste proiezioni sia stata percepita come parte della vita della Grande Madre stessa, che tutto genera e comprende. La dipendenza dalla Grande Madre di tutti i corpi luminosi ed anche delle potenze e divinità celesti, il loro sorgere e tramontare, la loro nascita e morte, la loro trasformazione ed il loro rinnovamento è una delle esperienze che unisce l'umanità. L'avvicendamento non solo della notte e del giorno, ma anche dei mesi, delle stagioni e degli anni soggiace alla volontà onnipotente della Grande Madre; essa, adornata dalla luna e dal mantello trapunto di astri notturni, è quindi anche la dea del fato, che tesse la vita così come il destino. La Grande Madre è la signora del tempo, in quanto signora della crescita, ed è quindi anche una dea lunare, poiché la luna e il cielo notturno sono le manifestazioni evidenti e visibili della temporalità del cosmo, ed è la luna, e non il sole, l'autentico cronometro dell'era primordiale. La qualità temporale, così come l'elemento acqua, vanno ascritti al femminile, la cui natura fluente diviene evidente nel simbolo del flusso del tempo. A partire dalle mestruazioni e dalla loro connessione con la luna, sino a giungere alla gravidanza, il femminile è ascritto al tempo ed è dipendente e determinato da esso più di quanto lo sia il maschile, che tende al superamento del tempo ed all'esenzione dal tempo. Nel concetto di finitezza – infinito è dunque prevalente una presenza divina femminile, datrice di forma e di vita, così come divoratrice di morte, mentre nel concetto di atemporalità - eternità è prevalente una presenza divina maschile, solarizzante ed unificante. Anche il mistero primordiale della filatura e della tessitura è connesso e compreso nella proiezione della Grande Madre che tesse la vita e fila la matassa del fato. Non a caso parliamo di “tessuti” e di “legamenti” del corpo: il tessuto che la Magna Mater prepara al grande telaio del tempo è, nel microcosmo dell'utero, la vita, nel macrocosmo dell'Universo, il destino. Le grandi dee sono dunque, in tutta la tradizione misterica occidentale, tessitrici; l'incrocio dei fili è il simbolo dell'unione sessuale: ancora oggi si parla di “incrocio” di animali o di piante. Così il grande cerchio uroborico è anche ed innanzitutto l'utero che contiene e crea il mondo, dove ciò che è reale e manifesto riceve la forma dalla Grande Madre stessa. Non è forse un caso che molte raffigurazioni iconografiche rappresentino la Madonna che tesse, proprio nel momento dell'annunciazione: la Vergine Maria è ancora la Grande Dea che tesse la vita del Cristo nell'utero e, contemporaneamente, nel macrocosmo, il destino dell'Umanità. L'archetipo della Grande Madre tessitrice della vita e datrice di forma, con il tessuto corporeo di cui viene rivestito l'uomo, è sopravvissuto per molti millenni, fino alla dama che presiede e procede alla vestizione del cavaliere. Sopravvive così il segreto aspetto occulto ed amoroso del principio femminile che, nella trasformazione spirituale, guida ciò che è terreno ed umano verso un senso superiore, illuminandolo.
La divinità femminile, come Grande Cerchio, si rivela come garante della sublimazione e della rinascita della vita. La notte, che conduce attraverso la morte ed il sonno alla guarigione ed alla nascita, non solo rinnova la vita nel suo ciclo ma, trascendendo l'oscurità terrena, eleva la sua essenza tramite l'irruzione di forze profonde, che consentono all'umanità di raggiungere, nell'ebbrezza e nell'estasi, nella poesia e nell'illuminazione, nella profezia e nella saggezza, una nuova dimensione di spirito e di luce. L'ineludibile aspetto spirituale del carattere di trasformazione femminile, attraverso sofferenza e morte, sacrificio e annientamento, lascia scaturire da sé la trasformazione, il rinnovamento e la rinascita: ciò che è mortale diviene così immortale. Una simile trasformazione è legata alla totale penetrazione di ciò che deve essere trasceso nell'archetipo del femminile. Ciò che muore nel ritorno al vaso-madre può apparire come terra, acqua, mondo infero, urna, sarcofago, caverna, calderone magico o nave, ma tutto rappresenta comunque il grembo materno della notte o dell'inconscio. La donna è quindi la veggente primordiale, la signora delle acque profonde che danno la saggezza, delle fonti mormoranti e delle fontane, poiché l'acqua è, nella mantica, la comunicazione originaria. Come la spada è il simbolo del maschile, la coppa lo è del femminile; il filtro magico, la pozione, l'elisir, la bevanda inebriante, il veleno, che la femmina archetipale mesce è comunque bevanda di trasmutazione, forma evolutiva dell'acqua della vita; tramite esse il maschile si eleva al livello di un'esistenza sublimata e spiritualizzata. E' facile a questo punto il paragone con la coppa del Graal e con il calice della Messa, entrambi elementi femminili contenenti bevande trasmutatorie. Nel calice sacro l'acqua si mescola con il vino, simbolo del sangue e dunque anch'esso femminile; nella ierogamia eucaristica l'elemento femminile della coppa viene congiunto all'elemento maschile del pane, fatto con il grano, simbolo solare, ancora oggi ben evidenziato dalla forma a disco dell'ostia.
E mentre la mitologia kemita si differenzia da quella primitiva per la strutturazione tecnica, per così dire, e logica prima ricordata, ancora diverso è l'elemento innovativo della gnosi, intendendo per ambito gnostico prettamente quello sviluppatosi, in senso endogeno, e confluito, in senso allogeno, nel corpus cristiano. In particolare la più evidente e significativa differenza fra la mitologia egizia e quella gnostica consiste nel fatto che l'elemento femminile mantiene la funzione di generatore della divinità redentrice, nel suo aspetto manifesto e terreno, ma riveste contemporaneamente ed antiteticamente la qualità negativa di responsabile della caduta nel mondo di Maya. In primo luogo è bene chiarire che, quando si parla di “gnosi” si fa prevalentemente, ma non necessariamente, riferimento alla religione cristiana, poiché con tale termine sono conosciuti e studiati anche dei movimenti misterici ed iniziatici sicuramente pre-cristiani ed etero-cristiani, anche se la ricerca che ci interessa si occupa, evidentemente, della gnosi cristiana, endogena ed allogena.. In secondo luogo occorre, anche qui, individuare un principio generale di approccio, stabilendo dei termini di studio e dei riferimenti che ci indichino una strada condivisa, a rischio, altrimenti, di perdersi nelle labirintiche e intricate cosmogonie eoniche settarie, risultando pressoché impossibile accordare Fibioniti, Stratiotici, Valentiniani, Levitici, Manichei, Adepti della Madre, Nicolaiti, Barbelioti, Esseni, Ofiti, Sethiani, Cucheni, Basilidiani, Perati, Cainiti, Carpocraziani. Il principio non può che essere quello sopra individuato, ovvero sia l'individuazione delle figure simboliche femminili raffiguranti le diverse emanazioni della Magna Mater e collocate sui molteplici piani della manifestazione. Certamente ritroviamo nella gnosi il culto della Donna divina, della Madre, dell'eterno Femminino, anche se profondamente trasformato e carico di nuove proiezioni: essa è la via fra Dio ed il Mondo ed è generalmente conosciuta con l'appellativo di “Sophia”. In essa, però, nella cosmogonia gnostica, l'archetipo del femminile tende a perdere il suo carattere originario di dea incarnata, di Grande Madre, e si manifesta come personificazione del principio supremo spirituale, nell'ambito di un processo auto-redentivo, di conoscenza della propria realtà divina. Nell'antagonismo duale fra mondo pleromatico perfetto e mondo imperfetto delle tenebre lo gnostico raffigura in Sophia un elemento androginico a cui imputa l'opera di creazione, come atto di insubordinazione nei confronti del Padre primordiale, del Dio supremo ed anche della gerarchia pleromatica. Ella volle operare da sola, senza il suo compagno Cristòs, e volle attingere direttamente dall'abisso, dal deus absconditus trascendente, sconosciuto e inconoscibile. Ella produce dunque il doppio di sé senza il concorso ed il consenso del proprio compagno, il suo pensiero divenne una realtà, ma non l'immagine del divino, bensì un essere imperfetto, un mostro non soltanto per le sue sembianze, un drago con il volto di leone dagli occhi di fuoco, fulminanti e fiammeggianti; egli sarà il creatore, il demiurgo del mondo inferiore. Quest'opera imperfetta, inoltre, coincide con la separazione del pleroma dalle tenebre inferiori, simili alle femminili acque primordiali, ed è per questo che Sophia può essere ricondotta alla figura della Madre extra- pleromatica che genera il mondo. L'immagine del demiurgo che si proclama Dio richiama la figura del drago mitologico ritenuto, già nelle tradizioni più antiche, la personificazione del potere dell'acqua, tanto dispensatore che distruttore di vita. Richiamando simbolicamente la materia iniziale da trasformare e plasmare, il drago appartiene all'elemento ctonio dell'acqua, al regno materiale femminile di cui egli è il sovrano, come la sua testa di leone, ovvero la corona che spesso porta, simboleggia, nel suo aspetto negativo. Nella concezione gnostica il mondo ha così origine da un errore ontologico: la decisione di Sophia di conoscere il Padre, il Primo Principio, allontanandosi dal Pleroma e optando, inconsciamente ma volontariamente, per la via del male e delle tenebre. Nell'atto auto-generativo Sophia richiama la figura dell'Uroboros che interfecit se ipsum, maritat se ipsum, impraegnat se ipsum. L'Uroboros è l'immagine psichica originaria dell'indifferenziato, ove non esiste la distinzione dei contrari, essendo la rappresentazione della coincidentia oppositorum. In Sophia prevale però l'aspetto negativo per cui l'immagine simbolica dell'Uroboros diventa sinonimo di un mondo-cosmo fonte di caos. Eppure questa scelta ha un profondo significato: essa rappresenta dal punto di vista animico il principio del disordine, e da quello cosmogonico il principio di separazione; ma ogni cosmogonia implica un sacrificio: dare forma alla materia significa partecipare all'energia primordiale per modificarla. La Sophia gnostica, come l'Eva biblica, è la Madre che dà la vita, ma crea un mondo imperfetto: alla dimensione del femminile viene dunque imputata la rovina dell'Umanità. Da Sophia, tramite il Demiurgo, hanno origine tre nature, che sono la concretizzazione e la cristallizzazione dei suoi stati d'animo: la Ribellione, da cui provengono gli irrazionali o Ilici, rappresentati da Caino; la Sofferenza, da cui hanno origine gli psichici, giusti e ragionevoli, da cui discende Abele; la Conversione, da cui discendono gli pneumatici, alla quale appartiene Seth. Il peccato, l'errore dell'insubordinazione condanna Sophia ad essere imprigionata nella materia che ella stessa ha creato e da cui può essere redenta attraverso l'azione del suo compagno, il Cristòs Sotèr. Cercare di afferrare ciò che è al di là della conoscenza fa cadere Sophia nell'ignoranza e nell'informità, in quel vuoto di conoscenza che viene chiamato l'Ombra del Nome, il cono d'ombra; ma nella sua infinita bontà il Padre pantocrator invia una goccia di luce infondendola nell'anima degli uomini. Attraverso la conoscenza del Salvatore le gocce luminose, destandosi dal sonno umano, potranno ritornare al Padre, ripristinando così l'Unità originaria. La Gnosi, portata dal Cristòs per la redenzione di Sophia e dell'intera Umanità è appunto la consapevolezza dell'Unità spirituale. Anche l'Eone Sophia possiede molteplici piani di manifestazione: la Pistis Sophia è la Sophia fedele o divina Ennoia, la Sophia Achamot (sapienza) appartiene già al piano extra-pleromatico, la Sophia prunikos (la lussuriosa) è generatrice, mentre la Sophia Echmot (tendenza, pensiero) è la Sophia di morte Ma è sempre attraverso il femminile, riproducente il maschile da sé, che si ritrova la forza unificatrice degli opposti che conduce alla totalità. L'immagine di Sophia incoronata che ritorna nel Pleroma non è dissimile dall'assunzione di Maria in cielo come Regina coeli. Quello di Sophia è dunque un mondo-cosmo caratterizzato da un potere materno, legato alla terra e per questo ctonio, oscuro e tenebroso, riflesso di quella Grande Madre che appare nel suo aspetto negativo e materiale, rispetto a quello spirituale del maschile legato al Pleroma. Secondo una concezione prettamente junghiana questo mito gnostico è “palesemente psicologico” in quanto illustra, nella forma di una proiezione cosmica, la separazione dell'Anima femminile da una coscienza maschile orientata in senso spirituale, che anela all'assoluto e cioè alla vittoria definitiva dello spirito sul mondo dei sensi. L'uomo di questo mondo, secondo il pensiero gnostico possiede un corpo, un'anima ed uno spirito: quest'ultimo racchiuso dai sette rivestimenti dell'anima originati dalle sette sfere degli Arconti, i governatori del mondo in cui l'uomo è prigioniero. L'ignoranza è l'essenza dell'esistenza mondana per cui il pleroma, lo spirito è talmente soffocato dall'anima e dalla carne che è assopito, addormentato. Esso può essere risvegliato e salvato solo attraverso la conoscenza del Dio trans-mondano e di se stesso, ovvero della sua origine divina ricevuta da Sophia, la madre extra-pleromatica. L'anima, se da un lato costituisce il ponte verso l'al di là, dall'altro costringe l'uomo a vivere secondo la sua emozionalità, trattenendolo nel mondo ctonio e legandolo alla sua caducità. Ma in ogni uomo è racchiusa una scintilla divina che lo unisce alla dimensione pleromatica, una scintilla custodita nella profondità delle acque interiori, dove non arriva la luce solare, ma solo un flebile riflesso lunare. Come sappiamo le dee lunari erano considerate, nella mitologia, fonti della sapienza e della conoscenza. La luna splendente come l'argento è l'immagine del divenire, del morire e del rinascere. In tal modo Sophia ritrova ed assomma a sé la luce e le tenebre essendo, per gli gnostici, la Sapienza Divina, la forma femminile dello Spirito Santo; in tal modo la devozione e la fede in questa sapienza può spingere l'uomo ad ascoltare la voce interna dell'anima, abbandonando la propria autonomia e rassegnandosi all'irruzione delle oscure potenze della luna, dello spirito femminile. Attraverso la mediazione alchemica rappresentata dalla figura della Sapientia, Sophia riacquista, nel processo di redenzione, la deità dell'eterno femminino, il volto celeste della saggezza, la potenza delle forze lunari e l'espressione della forma più alta del Sé spirituale femminile, una vita che da semplicemente materiale si ritrova tutta protesa verso la totalità e l'Uno. Nella concezione della Cavalleria sacra e, segnatamente, del templarismo la mitologia del Femminino sacro approda dopo la mediazione compiuta dall'esperienza e dagli studi di alchimia. Tale percorso comporta, come è intuibile, una trasformazione, non certo la scomparsa, ma l'evoluzione di quello che era l'elemento negativo del Femminino sacro, ovvero l'aspetto distruttivo e divorante della Grande Madre. Quello che nell'esperienza gnostica era raffigurato come l'emblema del male compiuto dalla Sophia decaduta, male da evitare, combattere e distruggere, nella mitologia cavalleresca templare diventa un male da trasformare. Simbolicamente la rappresentazione torna ad essere quella del drago (elemento femminile ctonio) che insidia la dama (Sophia Ennoia) e che la spada del cavaliere deve colpire, non per distruggerlo, ma per trascenderlo e trasformarlo. La bocca primigenia, divorante ed irta di denti, diviene un aspetto demoniaco nella gnosi, ed un drago nella cavalleria sacra. Primo ed unico nella storia dell'Uomo il cavaliere, avendo già redento il proprio mondo materiale, riesce finalmente anche a spezzare il cerchio uroborico del mondo animico; la sua spada diviene allora fiammeggiante, proiezione del raggio luminoso salvifico che opera un vero e proprio atto trasmutatorio dell'aspetto lunare ctonio, ponendo la luna da sopra la testa a sotto i piedi, affinché l'atto di ierogamia con il femminile sublimato dia luogo all'apparizione del Cristòs Sotèr nel microcosmo di ciascun Uomo e nel macrocosmo dell'intera Umanità.
Tendiamo a parlare di tradizione “Isiaca” della Grande Madre, poiché siamo portati a ritenere ed a riscontrare come la cultura misterica sviluppatasi nel bacino del Mediterraneo assuma la figura della Dea Iside come prototipo manifesto della madre celeste, generatrice di un figlio luminoso, guida dei popoli e delle nazioni.
In realtà, approfondendo l...'argomento, la questione appare assai più complessa, con mitologie che narrano di figure archetipali sempre più antiche e con racconti che rinviano a mitologie, simili od assimilabili a quelle oggetto del nostro studio, ma comunque diverse, fino a doversi perdere in terre mesopotamiche, mediorientali, iraniche, senza poterne venire veramente a capo. Ecco allora che nasce l'esigenza di trovare non solo un metodo di ricerca e di studio che ci possa supportare, ma anche un principio guida che possa segnare dei termini sicuri lungo questo interessante ma faticosissimo percorso. Tale metodo e principio non può che essere segnato dall'evoluzione del principio primigenio della Magna Mater quale generatrice cosmogonica, sotto varie forme e con molteplici aspetti, ma sempre e comunque madre e sposa del principio originario maschile, in tutti i piani dell'emanazione, in ogni angolo dell'Universo. La mitologia egizia, vicina al nostro sentire e, comunque, progenitrice di ogni mitologia mediterranea, ci fornisce un significativo punto di partenza.
Proviamo ad approfondire un po' la cosmogonia kemita eliopolitana, con particolare attenzione alla linea femminile. All'inizio di ogni esistenza era NUN, l'Oceano primordiale, dal quale emerse TA-TENEN, la prima terra, la coagulazione del caos originario, da essa sorse ATUM, prima manifestazione divina, riassumente in sé il tutto ed il nulla. Nel prepararsi al primo atto generativo ATUM diviene ATUM-RA, principio solare di ogni azione demiurgica che, nel divenire, dà esistenza alla prima coppia divina, composta da SHU, Dio dell'Aria, e da TEFNUT, Figlia del caldo umido. In risonanza con la natura e le qualità demiurgiche, i due primi princìpi divini danno vita alla seconda Dimensione Cosmica con la nascita del Dio maschile GEB, la Terra e del Dio femminile NUT, il cielo. Nella ulteriore ipostasi GEB e NUT danno origine a due coppie divine: OSIRIDE - ISIDE, e SETH-NEFTYS (o NEFTI), con un atto generativo contrastato da SHU, geloso di NUT. NEFTI, con i vestiti ed il profumo di ISIDE, riesce ad ingannare OSIRIDE e concepire con lui un figlio, ANUBIS, Dio delle necropoli, Signore della Terra Sacra; il secondo concepimento avverrà fra OSIRIDE ed ISIDE e sarà non più carnale, ma spirituale, il figlio è HORUS, il Dio del Cielo, Signore del Sole e della Luna, Sotèr Salvatore e rettificatore dell'Umanità. Al di là del dato storico ed identificativo delle singole divinità, emergono alcuni importanti e significativi elementi di considerazione: per la prima volta viene manifestata un'ipostasi divina in un ambito concettuale di “dualità”; per la prima volta emerge un “contrasto” nell'ambito del flusso generativo del divenire; per la prima volta appare il concetto di quaternario; per la prima volta si struttura, almeno in una così importante e divulgata tradizione, una differenza fra generazione carnale e generazione spirituale; per la prima volta le divinità si pongono su diversi piani emanativi. Tutti questi elementi saranno ripresi dalle cosmogonie veterotestamentarie e, sotto altri aspetti, anche da quelle gnostiche. L'aspetto femminile delle divinità egizie è intrinsecamente connesso con la tradizione della Grande Madre che, certamente, è di per sé storicamente antecedente, ma ha la prerogativa di essere compiutamente strutturato e trasposto su più livelli di manifestazione. Ad esempio, TEFNUT è la personificazione della prima coppia divina, NUT quella della seconda dimensione cosmica ed ISIDE l'ipostasi del femminino sacro nella simbologia del quaternario del mondo manifesto. Prendendo a prestito qualche concetto filosofico dalla patristica medievale possiamo così affermare che TEFNUT rappresenta la “causa causante”, ISIDE la “causa causata” e NUT la “causa formante”. Questa differenziazione non è solamente formale, ma è sostanziale: ciascuna personificazione rappresenta l'elemento femminile su di un diverso piano ed è connaturata ad un diverso livello concettuale; e più è elevato il livello di riferimento, maggiore è la difficoltà di comprensione del significato intimo, esoterico, dell'ipostasi divina. Trasferendo tale concetto in una dimensione cabalistica del femminino sacro, possiamo affermare che TEFNUT rappresenta l'elemento femminile nel mondo archetipale, NUT in quello della creazione e ISIDE in quello della formazione.
Esiste un aspetto terribile della Grande Madre, vita e nascita, in profondità, sono legate alla morte ed alla distruzione: la Grande Madre Ta-Urt è un mostro terrificante e divoratore, mortifera e protettiva; Ammit divora le anime che non erano presenti al giudizio di mezzanotte. Tuttavia la figura eliopolitana di Iside ha garantito, con i suoi misteri, la rinascita e la resurrezione non solo dell'anima del faraone, ma di tutte le anime. Possiamo quindi affermare che la sicurezza del magico successo sulla via del sole, comunicata potenzialmente ad ogni individuo, ha colmato l'angoscia primordiale rappresentata dalla Grande Madre distruttrice e divoratrice. Il mondo sotterraneo, l'utero terrestre, inteso come pericolosa terra dei morti che il trapassato deve attraversare sia per essere giudicato e giungere al regno ctonio della salvezza e della dannazione, sia per attingere un più elevato livello di esistenza, è uno dei simboli archetipici della Madre Terribile. Il sole tramonta ad ovest e si immerge nell'utero del mondo sotterraneo che lo divora; perciò l'occidente è il luogo della morte. Come il tempio è il simbolo femminile e protettivo della casa, cioè della Grande Dea quale tarda evoluzione della caverna, la porta del tempio, in quanto accesso alla Dea, è il suo utero. Non solo dunque il luogo della nascita è ovunque sacro per il femminile, ma si vede anche che esso è il centro di tutti i culti dedicati alla Grande Dea femminile come Signora della nascita, della fertilità e della morte. Nell'Asino d'Oro di Apuleio l'iniziato ai misteri di Iside deve attraversare le 12 ore della notte,corrispondenti al viaggio notturno del sole nel mare secondo la concezione egiziana. La più bella espressione del legame della Grande Madre con i morti è costituita dai sarcofagi egiziani, che presentano sul fondo la Dea Nut, dea del cielo, che abbraccia il morto. Essa è la dea della rinascita, ma ha anche un carattere di morte, in quanto cielo notturno ed oscuro, identificabile con l'acqua e con l'oscurità divorante della terra. Il femminile positivo dell'utero appare, in moltissime iconografie dell'antichità, non solo mediterranea, come “bocca”: ed è per questo motivo che al genitale femminile vengono attribuite delle “labbra”. Alla base di quest'equazione simbolica la bocca, come un utero spostato in alto, costituisce il luogo di nascita del respiro, della parola e, in buona sostanza, del Logos. Analogamente l'aspetto distruttivo del femminile appare sovente nella forma archetipica di una bocca irta di denti. Nel suo doppio aspetto la Grande Madre, in quanto Madre Buona, è la signora della Porta d'Oriente, la porta della nascita, in quanto Madre Terribile, essa è la signora della Porta d'Occidente, della morte e dell'ingresso negli inferi. L'inferno ed il mondo sotterraneo, in quanto vaso della morte, costituiscono le forme del vaso utero negativo, portatore di morte, contrapposto al suo aspetto positivo, datore di vita.
Nella sua ampia e profonda fenomenologia l'archetipo del femminile, con il suo aspetto positivo e negativo, abbraccia ciò che sta in alto e ciò che sta in basso, ciò che è prossimo e ciò che è lontano: esso appare come un grande cerchio che costituisce e contiene l'intero Universo. Sia che la sorgente mitica della vita sia l'oceano primordiale, sia che essa sia la terra od il cielo, il luogo di origine presenta un elemento costante: l'oscurità originaria. L'oscurità della notte primordiale, mondo infero e acqua primordiale, madre di tutte le cose è il simbolo dell'inconscio dell'umanità collettiva; la coscienza illuminata dalla prima differenziazione è dunque figlia di questa profondità primordiale. Nella mitologia egiziana di Ermopoli la natura dell'oceano primordiale, come fosse un serpente Uroboros, è rivelata dal fatto che esso circonda la terra nata da lui stesso e che, alla fine del mondo, riprende nel suoflusso primordiale ciò che da esso è nato. Nella rielaborazione cosmogonica elipolitana si colloca la dea Iside nel contesto generativo di Hator, la grande dea madre dalla testa di mucca, e di Nut, la dea celeste, che imbeve la terra della sua pioggia-latte e porta sul dorso il dio solare. A Nut, la volta superiore del cielo, corrisponde Naunet, la volta inferiore che, come un cielo riflesso ed inferiore, giace sotto al disco della terra: entrambe formano il grande cerchio del vaso femminile, ma la dea del cielo inferiore non è “altro” da quella superiore, bensì ne è l'aspetto infero, la parte inferiore del cerchio uroborico. La Grande Dea è l'unità che scorre dall'acqua primordiale sotterranea e celeste, il mare azzurro su cui viaggiano le barche degli dei della luce, l'oceano circolare che genera la vita sopra e sotto la terra; tutte le acque, le sorgenti, le fontane, così come la pioggia, le appartengono. Essa è l'oceano della vita, con le sue stagioni che portano morte e vita, e la vita è nata da lei, come un figlio. Come volta celeste copre i suoi figli come la chioccia i suoi pulcini, perciò il suo nome non era solo “la porta”, ma anche “colei che copre il cielo”. In numerose rappresentazioni le ali tese di Iside abbracciano, coprono e proteggono Osiride e, con lui, tutti i trapassati. La dea Nut che, dal fondo del sarcofago, abbraccia e prende in grembo i morti, è la stessa madre di morte che, in ambito cristiano, ci è nota come Pietà, come Madonna che tiene in grembo il Cristo morto, ritornato nuovamente a lei, e che nasconde in sé, come vaso primitivo e come urna, il bambino e l'adulto. Domina qui, come ovunque, la concezione secondo cui la Grande Madre, in quanto cielo notturno, contiene in sé, ed è, cielo, terra e acqua. Solo in seguito, con la separazione, nascono la luce, il sole a la coscienza e, con essi, anche la differenziazione. Nella sfera matriarcale il cielo diurno è lo spazio dove il sole nasce e muore e non, come sarà in seguito, lo spazio sul quale esso domina; è il margine luminoso della vita, coperto dalla notte all'inizio ed alla fine, all'interno di esso il figlio della luce deve descrivere il suo arco di luce, che termina sempre nella morte e, sempre, prelude alla sua rinascita, in un cerchio senza fine e senza soluzione. Solo dopo l'affermazione del mondo patriarcale, con il dominio del sole, il mattino diviene determinante come esempio della nascita del sole. Ma anche allora, stranamente, il computo del tempo viene fatto iniziare non con il tramonto od il sorgere del sole, ma con la mezzanotte e il corso dell'anno comincia con il solstizio invernale, cioè nel periodo più oscuro e buio. Anche in Egitto il tempo della nascita è la notte, poiché l'apparizione delle stelle e della luna è, per l'uomo antico, la nascita evidente, mentre il mattino è il tempo della morte, in cui il cielo divora i figli della notte. Se prescindiamo dalla correlazione giorno-sole è possibile comprendere questa concezione universale dell'umanità: il sole è un figlio del cielo diurno femminile, così come la luna è figlia del cielo notturno. Il cielo femminile è l'elemento stabile e duraturo, e l'elemento luminoso sole, luna, stelle è ciò che sorge e che tramonta, ciò che passa e che declina all'interno dell'uovo cosmico, bianco-nero, della Grande Madre. La Grande Madre è, tuttavia, anche Signora del tempo e, dunque, del Fato. Il simbolo in cui sono archetipicamente connessi tra loro spazio e tempo è il firmamento, popolato sin dai primordi dalle proiezioni immaginarie dell'umanità. Il fatto più significativo non è tanto che in Egitto come in Mesopotamia, in Arabia come in Cina siano state viste egualmente 28 stazioni della luna e 12 stazioni del sole, ma è che ognuna di queste proiezioni sia stata percepita come parte della vita della Grande Madre stessa, che tutto genera e comprende. La dipendenza dalla Grande Madre di tutti i corpi luminosi ed anche delle potenze e divinità celesti, il loro sorgere e tramontare, la loro nascita e morte, la loro trasformazione ed il loro rinnovamento è una delle esperienze che unisce l'umanità. L'avvicendamento non solo della notte e del giorno, ma anche dei mesi, delle stagioni e degli anni soggiace alla volontà onnipotente della Grande Madre; essa, adornata dalla luna e dal mantello trapunto di astri notturni, è quindi anche la dea del fato, che tesse la vita così come il destino. La Grande Madre è la signora del tempo, in quanto signora della crescita, ed è quindi anche una dea lunare, poiché la luna e il cielo notturno sono le manifestazioni evidenti e visibili della temporalità del cosmo, ed è la luna, e non il sole, l'autentico cronometro dell'era primordiale. La qualità temporale, così come l'elemento acqua, vanno ascritti al femminile, la cui natura fluente diviene evidente nel simbolo del flusso del tempo. A partire dalle mestruazioni e dalla loro connessione con la luna, sino a giungere alla gravidanza, il femminile è ascritto al tempo ed è dipendente e determinato da esso più di quanto lo sia il maschile, che tende al superamento del tempo ed all'esenzione dal tempo. Nel concetto di finitezza – infinito è dunque prevalente una presenza divina femminile, datrice di forma e di vita, così come divoratrice di morte, mentre nel concetto di atemporalità - eternità è prevalente una presenza divina maschile, solarizzante ed unificante. Anche il mistero primordiale della filatura e della tessitura è connesso e compreso nella proiezione della Grande Madre che tesse la vita e fila la matassa del fato. Non a caso parliamo di “tessuti” e di “legamenti” del corpo: il tessuto che la Magna Mater prepara al grande telaio del tempo è, nel microcosmo dell'utero, la vita, nel macrocosmo dell'Universo, il destino. Le grandi dee sono dunque, in tutta la tradizione misterica occidentale, tessitrici; l'incrocio dei fili è il simbolo dell'unione sessuale: ancora oggi si parla di “incrocio” di animali o di piante. Così il grande cerchio uroborico è anche ed innanzitutto l'utero che contiene e crea il mondo, dove ciò che è reale e manifesto riceve la forma dalla Grande Madre stessa. Non è forse un caso che molte raffigurazioni iconografiche rappresentino la Madonna che tesse, proprio nel momento dell'annunciazione: la Vergine Maria è ancora la Grande Dea che tesse la vita del Cristo nell'utero e, contemporaneamente, nel macrocosmo, il destino dell'Umanità. L'archetipo della Grande Madre tessitrice della vita e datrice di forma, con il tessuto corporeo di cui viene rivestito l'uomo, è sopravvissuto per molti millenni, fino alla dama che presiede e procede alla vestizione del cavaliere. Sopravvive così il segreto aspetto occulto ed amoroso del principio femminile che, nella trasformazione spirituale, guida ciò che è terreno ed umano verso un senso superiore, illuminandolo.
La divinità femminile, come Grande Cerchio, si rivela come garante della sublimazione e della rinascita della vita. La notte, che conduce attraverso la morte ed il sonno alla guarigione ed alla nascita, non solo rinnova la vita nel suo ciclo ma, trascendendo l'oscurità terrena, eleva la sua essenza tramite l'irruzione di forze profonde, che consentono all'umanità di raggiungere, nell'ebbrezza e nell'estasi, nella poesia e nell'illuminazione, nella profezia e nella saggezza, una nuova dimensione di spirito e di luce. L'ineludibile aspetto spirituale del carattere di trasformazione femminile, attraverso sofferenza e morte, sacrificio e annientamento, lascia scaturire da sé la trasformazione, il rinnovamento e la rinascita: ciò che è mortale diviene così immortale. Una simile trasformazione è legata alla totale penetrazione di ciò che deve essere trasceso nell'archetipo del femminile. Ciò che muore nel ritorno al vaso-madre può apparire come terra, acqua, mondo infero, urna, sarcofago, caverna, calderone magico o nave, ma tutto rappresenta comunque il grembo materno della notte o dell'inconscio. La donna è quindi la veggente primordiale, la signora delle acque profonde che danno la saggezza, delle fonti mormoranti e delle fontane, poiché l'acqua è, nella mantica, la comunicazione originaria. Come la spada è il simbolo del maschile, la coppa lo è del femminile; il filtro magico, la pozione, l'elisir, la bevanda inebriante, il veleno, che la femmina archetipale mesce è comunque bevanda di trasmutazione, forma evolutiva dell'acqua della vita; tramite esse il maschile si eleva al livello di un'esistenza sublimata e spiritualizzata. E' facile a questo punto il paragone con la coppa del Graal e con il calice della Messa, entrambi elementi femminili contenenti bevande trasmutatorie. Nel calice sacro l'acqua si mescola con il vino, simbolo del sangue e dunque anch'esso femminile; nella ierogamia eucaristica l'elemento femminile della coppa viene congiunto all'elemento maschile del pane, fatto con il grano, simbolo solare, ancora oggi ben evidenziato dalla forma a disco dell'ostia.
E mentre la mitologia kemita si differenzia da quella primitiva per la strutturazione tecnica, per così dire, e logica prima ricordata, ancora diverso è l'elemento innovativo della gnosi, intendendo per ambito gnostico prettamente quello sviluppatosi, in senso endogeno, e confluito, in senso allogeno, nel corpus cristiano. In particolare la più evidente e significativa differenza fra la mitologia egizia e quella gnostica consiste nel fatto che l'elemento femminile mantiene la funzione di generatore della divinità redentrice, nel suo aspetto manifesto e terreno, ma riveste contemporaneamente ed antiteticamente la qualità negativa di responsabile della caduta nel mondo di Maya. In primo luogo è bene chiarire che, quando si parla di “gnosi” si fa prevalentemente, ma non necessariamente, riferimento alla religione cristiana, poiché con tale termine sono conosciuti e studiati anche dei movimenti misterici ed iniziatici sicuramente pre-cristiani ed etero-cristiani, anche se la ricerca che ci interessa si occupa, evidentemente, della gnosi cristiana, endogena ed allogena.. In secondo luogo occorre, anche qui, individuare un principio generale di approccio, stabilendo dei termini di studio e dei riferimenti che ci indichino una strada condivisa, a rischio, altrimenti, di perdersi nelle labirintiche e intricate cosmogonie eoniche settarie, risultando pressoché impossibile accordare Fibioniti, Stratiotici, Valentiniani, Levitici, Manichei, Adepti della Madre, Nicolaiti, Barbelioti, Esseni, Ofiti, Sethiani, Cucheni, Basilidiani, Perati, Cainiti, Carpocraziani. Il principio non può che essere quello sopra individuato, ovvero sia l'individuazione delle figure simboliche femminili raffiguranti le diverse emanazioni della Magna Mater e collocate sui molteplici piani della manifestazione. Certamente ritroviamo nella gnosi il culto della Donna divina, della Madre, dell'eterno Femminino, anche se profondamente trasformato e carico di nuove proiezioni: essa è la via fra Dio ed il Mondo ed è generalmente conosciuta con l'appellativo di “Sophia”. In essa, però, nella cosmogonia gnostica, l'archetipo del femminile tende a perdere il suo carattere originario di dea incarnata, di Grande Madre, e si manifesta come personificazione del principio supremo spirituale, nell'ambito di un processo auto-redentivo, di conoscenza della propria realtà divina. Nell'antagonismo duale fra mondo pleromatico perfetto e mondo imperfetto delle tenebre lo gnostico raffigura in Sophia un elemento androginico a cui imputa l'opera di creazione, come atto di insubordinazione nei confronti del Padre primordiale, del Dio supremo ed anche della gerarchia pleromatica. Ella volle operare da sola, senza il suo compagno Cristòs, e volle attingere direttamente dall'abisso, dal deus absconditus trascendente, sconosciuto e inconoscibile. Ella produce dunque il doppio di sé senza il concorso ed il consenso del proprio compagno, il suo pensiero divenne una realtà, ma non l'immagine del divino, bensì un essere imperfetto, un mostro non soltanto per le sue sembianze, un drago con il volto di leone dagli occhi di fuoco, fulminanti e fiammeggianti; egli sarà il creatore, il demiurgo del mondo inferiore. Quest'opera imperfetta, inoltre, coincide con la separazione del pleroma dalle tenebre inferiori, simili alle femminili acque primordiali, ed è per questo che Sophia può essere ricondotta alla figura della Madre extra- pleromatica che genera il mondo. L'immagine del demiurgo che si proclama Dio richiama la figura del drago mitologico ritenuto, già nelle tradizioni più antiche, la personificazione del potere dell'acqua, tanto dispensatore che distruttore di vita. Richiamando simbolicamente la materia iniziale da trasformare e plasmare, il drago appartiene all'elemento ctonio dell'acqua, al regno materiale femminile di cui egli è il sovrano, come la sua testa di leone, ovvero la corona che spesso porta, simboleggia, nel suo aspetto negativo. Nella concezione gnostica il mondo ha così origine da un errore ontologico: la decisione di Sophia di conoscere il Padre, il Primo Principio, allontanandosi dal Pleroma e optando, inconsciamente ma volontariamente, per la via del male e delle tenebre. Nell'atto auto-generativo Sophia richiama la figura dell'Uroboros che interfecit se ipsum, maritat se ipsum, impraegnat se ipsum. L'Uroboros è l'immagine psichica originaria dell'indifferenziato, ove non esiste la distinzione dei contrari, essendo la rappresentazione della coincidentia oppositorum. In Sophia prevale però l'aspetto negativo per cui l'immagine simbolica dell'Uroboros diventa sinonimo di un mondo-cosmo fonte di caos. Eppure questa scelta ha un profondo significato: essa rappresenta dal punto di vista animico il principio del disordine, e da quello cosmogonico il principio di separazione; ma ogni cosmogonia implica un sacrificio: dare forma alla materia significa partecipare all'energia primordiale per modificarla. La Sophia gnostica, come l'Eva biblica, è la Madre che dà la vita, ma crea un mondo imperfetto: alla dimensione del femminile viene dunque imputata la rovina dell'Umanità. Da Sophia, tramite il Demiurgo, hanno origine tre nature, che sono la concretizzazione e la cristallizzazione dei suoi stati d'animo: la Ribellione, da cui provengono gli irrazionali o Ilici, rappresentati da Caino; la Sofferenza, da cui hanno origine gli psichici, giusti e ragionevoli, da cui discende Abele; la Conversione, da cui discendono gli pneumatici, alla quale appartiene Seth. Il peccato, l'errore dell'insubordinazione condanna Sophia ad essere imprigionata nella materia che ella stessa ha creato e da cui può essere redenta attraverso l'azione del suo compagno, il Cristòs Sotèr. Cercare di afferrare ciò che è al di là della conoscenza fa cadere Sophia nell'ignoranza e nell'informità, in quel vuoto di conoscenza che viene chiamato l'Ombra del Nome, il cono d'ombra; ma nella sua infinita bontà il Padre pantocrator invia una goccia di luce infondendola nell'anima degli uomini. Attraverso la conoscenza del Salvatore le gocce luminose, destandosi dal sonno umano, potranno ritornare al Padre, ripristinando così l'Unità originaria. La Gnosi, portata dal Cristòs per la redenzione di Sophia e dell'intera Umanità è appunto la consapevolezza dell'Unità spirituale. Anche l'Eone Sophia possiede molteplici piani di manifestazione: la Pistis Sophia è la Sophia fedele o divina Ennoia, la Sophia Achamot (sapienza) appartiene già al piano extra-pleromatico, la Sophia prunikos (la lussuriosa) è generatrice, mentre la Sophia Echmot (tendenza, pensiero) è la Sophia di morte Ma è sempre attraverso il femminile, riproducente il maschile da sé, che si ritrova la forza unificatrice degli opposti che conduce alla totalità. L'immagine di Sophia incoronata che ritorna nel Pleroma non è dissimile dall'assunzione di Maria in cielo come Regina coeli. Quello di Sophia è dunque un mondo-cosmo caratterizzato da un potere materno, legato alla terra e per questo ctonio, oscuro e tenebroso, riflesso di quella Grande Madre che appare nel suo aspetto negativo e materiale, rispetto a quello spirituale del maschile legato al Pleroma. Secondo una concezione prettamente junghiana questo mito gnostico è “palesemente psicologico” in quanto illustra, nella forma di una proiezione cosmica, la separazione dell'Anima femminile da una coscienza maschile orientata in senso spirituale, che anela all'assoluto e cioè alla vittoria definitiva dello spirito sul mondo dei sensi. L'uomo di questo mondo, secondo il pensiero gnostico possiede un corpo, un'anima ed uno spirito: quest'ultimo racchiuso dai sette rivestimenti dell'anima originati dalle sette sfere degli Arconti, i governatori del mondo in cui l'uomo è prigioniero. L'ignoranza è l'essenza dell'esistenza mondana per cui il pleroma, lo spirito è talmente soffocato dall'anima e dalla carne che è assopito, addormentato. Esso può essere risvegliato e salvato solo attraverso la conoscenza del Dio trans-mondano e di se stesso, ovvero della sua origine divina ricevuta da Sophia, la madre extra-pleromatica. L'anima, se da un lato costituisce il ponte verso l'al di là, dall'altro costringe l'uomo a vivere secondo la sua emozionalità, trattenendolo nel mondo ctonio e legandolo alla sua caducità. Ma in ogni uomo è racchiusa una scintilla divina che lo unisce alla dimensione pleromatica, una scintilla custodita nella profondità delle acque interiori, dove non arriva la luce solare, ma solo un flebile riflesso lunare. Come sappiamo le dee lunari erano considerate, nella mitologia, fonti della sapienza e della conoscenza. La luna splendente come l'argento è l'immagine del divenire, del morire e del rinascere. In tal modo Sophia ritrova ed assomma a sé la luce e le tenebre essendo, per gli gnostici, la Sapienza Divina, la forma femminile dello Spirito Santo; in tal modo la devozione e la fede in questa sapienza può spingere l'uomo ad ascoltare la voce interna dell'anima, abbandonando la propria autonomia e rassegnandosi all'irruzione delle oscure potenze della luna, dello spirito femminile. Attraverso la mediazione alchemica rappresentata dalla figura della Sapientia, Sophia riacquista, nel processo di redenzione, la deità dell'eterno femminino, il volto celeste della saggezza, la potenza delle forze lunari e l'espressione della forma più alta del Sé spirituale femminile, una vita che da semplicemente materiale si ritrova tutta protesa verso la totalità e l'Uno. Nella concezione della Cavalleria sacra e, segnatamente, del templarismo la mitologia del Femminino sacro approda dopo la mediazione compiuta dall'esperienza e dagli studi di alchimia. Tale percorso comporta, come è intuibile, una trasformazione, non certo la scomparsa, ma l'evoluzione di quello che era l'elemento negativo del Femminino sacro, ovvero l'aspetto distruttivo e divorante della Grande Madre. Quello che nell'esperienza gnostica era raffigurato come l'emblema del male compiuto dalla Sophia decaduta, male da evitare, combattere e distruggere, nella mitologia cavalleresca templare diventa un male da trasformare. Simbolicamente la rappresentazione torna ad essere quella del drago (elemento femminile ctonio) che insidia la dama (Sophia Ennoia) e che la spada del cavaliere deve colpire, non per distruggerlo, ma per trascenderlo e trasformarlo. La bocca primigenia, divorante ed irta di denti, diviene un aspetto demoniaco nella gnosi, ed un drago nella cavalleria sacra. Primo ed unico nella storia dell'Uomo il cavaliere, avendo già redento il proprio mondo materiale, riesce finalmente anche a spezzare il cerchio uroborico del mondo animico; la sua spada diviene allora fiammeggiante, proiezione del raggio luminoso salvifico che opera un vero e proprio atto trasmutatorio dell'aspetto lunare ctonio, ponendo la luna da sopra la testa a sotto i piedi, affinché l'atto di ierogamia con il femminile sublimato dia luogo all'apparizione del Cristòs Sotèr nel microcosmo di ciascun Uomo e nel macrocosmo dell'intera Umanità.
Loqui est verum.
COMME la tradition de la grande mère Isaia
Nous avons tendance à parler de « Isaia » tradition de la grande mère, que nous sommes amenés à croire et pour découvrir comment la culture mystérieuse s'est développée dans le bassin méditerranéen, de prendre la figure de la déesse Isis comme un manifeste de prototype de la mère céleste, générant un enfant brillant, guide des peuples et des Nations Unies.
En réalité, fouiller dans le sujet, la question est beaucoup plus complexe, avec des mythes en disant des figures archétypales de l'imagerie plus en plus vieux et avec des histoires qui font référence aux mythologies similaires, ou similaires à ceux couverts par notre étude, mais encore d'autres, jusqu'à avoir à perdre dans la Mésopotamie, les terres du Moyen-Orient, sans pouvoir être iranien vraiment retourner.
Donc la nécessité de trouver non seulement une méthode de recherche et d'étude que nous pouvons soutenir, mais aussi un principe directeur qui peut marquer les termes que le long de cette intéressante mais extrêmement exigeant
chemin d'accès.
Cette méthode et le principe peuvent seulement être marqués, par l'évolution du principe primordial de la Magna Mater qui génère cosmogonique, sous des formes diverses et avec beaucoup d'aspects, mais toujours la mère et épouse du principe masculin original, dans tous les plans de l'adoption, aux quatre coins de l'univers.
La mythologie égyptienne, à proximité de notre audience et, en tout cas, ancêtre de toutes les mythologie méditerranéenne, nous fournit un important point de départ.
Nous allons plonger une petite cosmogonie d'eliopolitana de kemita, avec une attention particulière à la ligne féminine.
Au début de chaque existence était religieuse, l'océan primordial, qui a émergé de TA-TENEN, la première terre, le chaos initial, coagulation d'elle est née avant la manifestation divine ATOUM tableau lui-même tous les
et rien.
Dans la préparation de la première ATOUM générative de loi est devenu ATOUM-RA, principe solaire de chaque demiurgica d'action qui, à l'avenir, donne existence au premier couple divin composé de SHU, le Dieu de l'air, et TEFNOUT, fille de chaleur humide.
En résonance avec la nature et demiurgiche qualités, les deux premiers principes divins donnent lieu à la deuxième Dimension cosmique avec la naissance de la BDB Dieu mâle, la terre et l'écrou femelle de Dieu, le ciel.
En outre les hypostases GEB et NUT donnent lieu à deux paires de divines : OSIRIS-ISIS et SETH-NEFTYS (Nephtys), avec une générative Loi contrecarrée par SHU, jaloux de l'écrou.
NEPHTHYS, avec des vêtements et l'odeur d'ISIS, parvient à tromper Osiris et concevoir un fils, ANUBIS, Dieu de la nécropole, Seigneur de la terre sacrée ; la seconde conception se produira entre OSIRIS et d'ISIS et ne sera pas plus charnelle, mais spirituelle, le fils est HORUS, le Dieu du ciel, Seigneur du soleil et lune, Salvatore Sotèr et moulins de l'humanité. Au-delà des données historiques et indicatif des déités individuelles, certains éléments importants et significatifs de l'examen : pour la première fois une hypostase Divine se manifeste dans un cadre conceptuel de la « dualité » ; pour la première fois révèle un « contraste » dans un écoulement génératif de devenir ; pour la première fois le concept du Quaternaire apparaît ; pour la première fois, au moins dans une structure si importante et la tradition de la propagation, une différence entre une génération charnelle et spirituelle ; pour la première fois les dieux eux-mêmes sur plusieurs étages emanativi.
Tous ces éléments aura lieu par la tradition de veterotestamentarie et, par ailleurs, également de gnostique ones.
L'aspect féminin de la divinité égyptienne est intrinsèquement liée à la tradition de la grande mère qui, certainement, est lui-même précédé historiquement, mais a la prérogative d'être correctement structuré et
transposé sur plusieurs niveaux.
Par exemple, TEFNOUT est la personnification du couple divin, écrou de la deuxième dimension cosmique et ISIS les hypostases du féminin sacré dans le symbolisme quaternaire de l'affiche du monde.
Empruntez quelques du concept philosophique patristique nous pouvons dire que TEFNOUT médiévale est la « cause », ISIS, provoquant le « affaire causé » et écrou « formant » cause.
Cette différenciation n'est pas seulement formelle, mais il est considérable : chaque élément de personnification féminine sur un plancher différent et est innée à un niveau conceptuel différent ; et plus est élevé le niveau de référence, plus la difficulté de compréhension de l'intime, ce qui signifie, ésotérique, hypostase Divine.
Le transfert de ce concept dans une dimension kabbalistique de la féminité sacrée, nous pouvons dire que TEFNOUT représente l'élément féminin dans le monde archétype, écrou dans celui de la création et ISIS dans cette formation.
Il y a un aspect terrible de la grande mère, la vie et la naissance, en profondeur, sont associées à la mort et la destruction : la grande mère Ta-Urt est un terrifiant monstre dévoreur, mortelle et protection ; Fabrice dévore les âmes qui n'étaient pas présents lors du jugement de minuit.
Cependant la figure eliopolitana d'ISIS a été obtenue, avec ses mystères, la Renaissance et la résurrection, non seulement de l'âme du Pharaon, mais aussi de toutes les âmes.
Nous pouvons donc dire que la sécurité de magique succès sur via del sole, communiquée à potentiellement chaque individu, a comblé l'inquiétude primordiale posée par destructrice et grande mère
nourricier.
Le monde souterrain, les entrailles de la terre comme un pays dangereux des morts que la percée doit traverser pour être jugés et le domaine chtonien de Salut et de damnation, est de puiser dans un niveau plus élevé de l'existence, est l'un des symboles archétypes de mère Terrible.
Le soleil couche à l'Ouest et plonge dans l'utérus de la pègre qui dévore ; C'est pourquoi l'Occident est le lieu du décès.
Comme le temple est un symbole féminin et protecteur de la maison de la grande déesse, qui vers la fin de l'évolution de la grotte, la porte du temple, comme l'accès à la déesse, son utérus. Non seulement le lieu de naissance est sacré pour les femmes du monde entier, mais il voit aussi que c'est le centre de tous les cultes dédiés à la grande déesse comme Lady féminine de fertilité, de naissance et de décès.
Nell'Asino d'or d'Apulée l'initié dans les mystères d'ISIS doit parcourir les 12 heures de nuit, correspondant au voyage du soleil dans la mer selon la conception égyptienne.
La plus belle expression de la liaison de la grande mère avec les morts est les sarcophages égyptiens, qui se posent au fond la déesse Nout, déesse du ciel, couvrant les morts. Elle est la déesse de la Renaissance, mais contient aussi un personnage de la mort, comme le ciel nocturne et sombre, avec de l'eau et avec l'obscurité de votre terre.
Col de l'utérus de la femme positive apparaît dans l'iconographie antique beaucoup, méditerranéenne, non seulement comme « bouche »: et c'est pourquoi génitales féminines sont attribués à des « lèvres ». À la base de cette équation symbolique, la bouche, comme un utérus, déplacé est le berceau de la respiration, parole et, en fin de compte, des Logos.
De même, l'aspect destructeur de la féminité apparaît souvent sous la forme d'une bouche archétype des dents.
Dans son double aspect de la grande mère, comme une bonne mère, Mme della Porta d'Oriente, la cible de la naissance, dans cette terrible mère, elle est la Dame de la porte de l'Ouest, de mort et de l'entrée des enfers. L'enfer et la pègre, navire de la mort, navire forme l'utérus, porteur de mort, par opposition à son aspect positif, la vie de l'employeur.
Dans son large et profond l'archétype féminin de la phénoménologie, avec ses aspects positifs et négatifs, embrasse ce qui est plus haut et ce qui est ci-dessous, ce qui est prévu et ce qui est loin : il ressemble à un grand cercle qui constitue et contient l'univers tout entier.
Si la source mythique de la vie est l'océan primordial, que ce soit la terre ou le ciel, le lieu d'origine est un élément constant : obscurité.
L'obscurité de la nuit, appelé niittyhumala et mondiale de l'eau primordiale, mère de toutes choses est le symbole de l'inconscient collectif de l'humanité ; conscience éclairée de la première différenciation est la fille de cette profondeur primordiale.
Dans la mythologie égyptienne d'Hermopolis nature de l'océan primordial, comme si c'était un serpent Uroboros, est révélée par le fait qu'il entoure la terre formé par lui-même et qui à la fin du monde, reprend dans la suoflusso primordiale qu'il est né.
Dans l'elipolitana cosmogonique remaniement est la déesse ISIS dans le cadre génératif Hatori, la grande déesse mère de la tête de la vache et l'écrou, la celeste de la déesse, qui absorbe la terre de sa pluie-lait et ramener le Dieu solaire.
La noix, la voûte supérieure de temps ciel, Naunet, est inférieure à celui, comme une réflexion et un ciel bas, se trouve sous le disque de la terre : les deux forment un grand cercle de navire féminin, la déesse du ciel n'est pas « plus » par le haut, mais on l'appelle niittyhumala, la partie inférieure de l'uroborico du cercle.
La grande déesse est l'unité qui découle de l'underground et céleste eau primordiale, mer bleue, sur laquelle ils voyagent les bateaux des dieux de la lumière, océan circulaire qui génère la vie au-dessus et au-dessous du sol. tous les eau, sources, fontaines, ainsi pluie, appartiennent. C'est l'océan de la vie, avec ses saisons qui apportent la mort et la vie, et la vie est né d'elle, comme un enfant.
Comme la voûte céleste couvre ses enfants comme une mère poule ses poussins, si son nom était non seulement « la porte », mais aussi « celui qui couvre le ciel ».
Dans nombreuses représentations d'étreinte étirée d'ailes ISIS, couvrir et protéger Osiris et, avec lui, tous morts.
La déesse Nout, qui, du fond du sarcophage, embrasse et prend les morts sur ses genoux, est mère de la mort de la même, un chrétien, il est connu comme la miséricorde, comme Madonna tenant le Christ mort dans son ventre, il revint de nouveau à elle et se cache elle-même, primitive et vase urne, enfant et adulte.
Domine ici, comme partout, la conception selon laquelle la grande mère, comme le ciel nocturne, contient en lui-même et est, ciel, terre et eau.
Seulement plus tard, avec la séparation, la lumière, le soleil dans la conscience et, avec eux, même distinction.
Dans le ciel diurne matriarcale sphère est que l'espace où le soleil naît et meurt et non pas, comme sera ci-après, l'espace sur lequel elle domine ; est le bon côté des choses de la vie, couvert par la nuit en début et en fin, qu'il est que le fils de la lumière doit décrire son arc de lumière qui se termine toujours par la mort et, toujours, prélude à son renouveau, dans un cercle sans fin sans solution.
Seulement après l'affirmation du monde patriarcal, avec le domaine du soleil, le matin devient crucial à titre d'exemple de la naissance du soleil.
Mais même dans ce cas, étrangement, le calcul du temps se fait commencer pas avec le coucher du soleil ou au lever du soleil, mais à minuit, et l'année commence avec le solstice d'hiver, la période plus sombre et sombre.
Même en Egypte, l'heure de naissance est la nuit, car l'apparition des étoiles et la lune est, pour le vieil homme, la naissance, tandis que le matin est le moment de la mort, dans lequel le ciel dévore ses enfants de la nuit.
Si nous négligeons la corrélation soleil-jour vous pouvez comprendre cette conception universelle de l'humanité : le soleil est un fils du ciel féminin pendant la journée, ainsi que la lune est la fille du ciel nocturne.
Le ciel est l'écurie et élément durable et le soleil, lune, étoiles est ce qui lève et se couche, ce qui passe et diminue à l'intérieur de le œuf cosmique, noir et blanc, de la grande mère.
La grande mère est, cependant, même Dame de temps et, par conséquent, du destin.
Le symbole qui reliait archétypiquement espace et le temps est le firmament, peuplé depuis le début des projections imaginaires de l'humanité.
Le fait le plus significatif n'est pas tellement qu'en Egypte comme en Mésopotamie, Arabia comme en Chine étaient également 28 stations vues, de la lune et 12 stations du soleil, mais est que chacun de ces projections a été perçue dans le cadre de la vie de la mère grande que tout ce déclenche et comprend.
Selon la grande mère de toutes lumineuses et également organes du pouvoir et divinité céleste, leur hausse et réglage, leur naissance et mort, leur transformation et leur renouvellement est une des expériences qui unit l'humanité.
Le changement non seulement de nuit et de jour, mais aussi des mois, les saisons et les années soumis à la volonté du tout-puissant grande mère ; il, ornée de la lune et de quilting mante Astros clubs, est également la déesse du destin, qui tisse la vie, mais aussi le sort.
La grande mère est la Dame de l'époque comme Dame de croissance et est donc aussi une déesse lunaire comme la lune et le ciel nocturne sont des manifestations évidentes et visibles de la temporalité de l'univers, la lune et le soleil, pas le chronomètre véritable ère primordiale.
Qualité temporelle, ainsi que l'élément de l'eau, doit être attribuée aux femmes, dont la nature fluide devient évidente dans l'écoulement du temps.
À partir des menstruations et leur lien avec la lune, jusqu'à la grossesse, la femelle est attribuée à temps et est tributaire et déterminée par elle plus qu'il est masculin, ce qui tend à surmonter le temps et l'exonération de l'époque.
Le concept de la finitude – infinity est donc principalement une présence divine, qui emploient la forme féminine et la vie, mais aussi de dévorant la mort, tandis que la notion d'intemporalité-éternité est répandue une présence divine, l'unification et la solarizzante. Même le mystère primordial de filature et de tissage a lié et incluse dans la projection de la grande mère, la vie et la rangée de tissage l'écheveau du destin.
Il n'est pas un hasard si on parle de « textiles » et « ligaments » du corps : le tissu que la Magna Mater prépare le délai général est, dans le microcosme de l'utérus, la vie dans le macrocosme de l'univers, sort.
Dee gros sont donc, tout au long de la tradition occidentale de mystère, de tisserands ; l'intersection des fils est le symbole de l'Union sexuelle : même aujourd'hui, nous parlons de « intersection » des animaux ou des plantes.
Ainsi, le grand cercle est aussi uroborico et l'utérus qui contient et crée le monde, où ce qui est réel et manifeste reçoit la forme de la grande mère.
Il n'est pas un hasard si beaucoup de représentations iconographiques représente la Vierge qui tisse, juste au moment de l'Annonciation : la Vierge Marie est toujours la grande déesse qui tisse la vie du Christ dans l'utérus et dans le macrocosme, le destin de l'humanité.
L'archétype de la grande mère et employant Weaver, avec le corps recouvert de tissu homme, a survécu pendant des siècles, jusqu'à ce que la dame qui préside et procède à la vinaigrette
Chevalier.
Elle survit donc l'aspect occulte et amour secret du principe féminin que dans la transformation spirituelle, ce qui est humain terrain vers un sens plus élevé, égayant.
La divinité féminine, comme le grand cercle, révèle comme garant de la sublimation de la vie et de la Renaissance.
La nuit, ce qui conduit à travers la mort et de la guérison de sommeil et à la naissance, non seulement renouvelle la vie dans son cycle mais, obscurité terrestre transcendante, élève son essence à travers les forces profondes, permettant à l'humanité d'atteindre, dans l'euphorie et l'extase, dans la poésie et pour l'éclairage, dans la prophétie et de la sagesse, une nouvelle dimension de l'esprit et de la lumière.
L'aspect spirituel inéluctable de transformation féminine, à travers la souffrance et la mort, abnégation et annihilation, feuilles proviennent de la transformation, le renouvellement et la Renaissance : ce qui est mortel devient immortel.
Une transformation semblable est liée à la pénétration totale de ce qui doit être transcendée dans l'archétype de la féminité.
Ce qui meurt en retour à vaso-mère peut ressembler à la terre, l'eau, monde appelé niittyhumala, urne, sarcophage, grotte, chaudron magique ou navire, mais représente le ventre de la nuit ou l'inconscient.
La femme est alors la voyante, la Dame des eaux profondes qui donnent la sagesse de se précipiter et sources des fontaines, parce que l'eau est, dans l'original mantica de communication.
Comme l'épée est le symbole du mâle, la coupe est du féminin ; Filtre magique, la boisson de potion, élixir, enivrante, le poison, cet archétype féminin est encore boire des recharges de transmutation, une forme évolutive de l'eau de vie ; à travers eux, le mâle s'élève au niveau d'une existence sublimée et Spiritualized.
Il est facile à ce stade, la comparaison avec la Coupe du Graal et le calice de la messe, les deux éléments femelles contenant des boissons trasmutatorie.
Dans le calice sacré l'eau se mêle avec le vin, le symbole du sang et si féminin, trop ; dans l'élément femelle de hieros gamos de la coupe est attachée à l'élément mâle de pain avec le blé, symbole solaire, encore bien attestée par disque-forme de l'hôte.
Et tandis que la mythologie kemita diffère de la primitive à la technique structurante, pour ainsi dire, et la logique avant, encore dans les mémoires différentes est l'élément novateur de la Gnose, l'intention purement celui développé halogènes endogène et fusionné, contexte gnostique, dans corpus.
En particulier, la différence la plus évidente et importante entre l'Egypte et la mythologie gnostique consiste dans le fait que l'élément féminin conserve la fonction génératrice de racheter des dieux, dans son manifeste et le sol, mais est en même temps et antiteticamente les qualités négatives de responsables de la chute dans le monde de Maya. Tout d'abord, vous devriez faire il clair que, quand on parle de la « Gnose » est pour la plupart, mais pas nécessairement, en référence à la religion chrétienne, car à cette période sont connus et étudie également avec mystère et mouvements initiatiques certainement pré chrétiens et non-chrétiens Hétéro, bien que la recherche qui nous intéresse, évidemment, de Christian Gnosis, endogène et allogena...
Deuxièmement, ici aussi, un principe général d'approche, établissant les termes de référence et d'étude qui nous indiquent une route partagée, au risque, sinon, se perdre dans l'eoniche sectaire cosmogonie complexe et labyrinthique, rendant presque impossible à régler, Stratiotici, Fibioniti, Levitici, Valentiniani Manicheans, disciples de mère, les Nicolaïtes, les Ophites, Esséniens, Barbelioti, Sethiani, Cucheni, Basilidiani, Perati, Caïnite lignes, Carpocraziani.
Le principe est introuvable, ou celle ci-dessus est l'identification des figures symboliques représentant les différentes émanations féminines de Magna Mater et placés sur des plans différents de la manifestation
Certes nous trouvons dans la Gnose le culte de la femme divine, la mère de l'éternel féminin, bien que profondément transformé et doté de nouvelles projections : il doit être le chemin entre Dieu et le monde et est généralement
connue comme la « Sophia ».
Dans ce document, bien que, dans la cosmogonie gnostique, l'archétype de la féminité tend à perdre son caractère originel de déesse incarnée, la grande mère et se manifeste comme la personnification du principe spirituel suprême, dans le cadre d'un processus d'auto-rédemptrice, conscient de sa réalité divine.
L'antagonisme double entre un pleromatico parfait et l'imparfait monde des ténèbres dépeint dans la Sophia gnostique d'un élément androginico qui impute le travail de création, comme un acte d'insubordination contre le père primitif, le Dieu suprême et aussi la plus haute hiérarchie de sphère pleromatic.
Elle voulait travailler seul sans son compagnon Cristòs et il voulait dessiner directement à partir de l'abîme, par deus absconditus transcendante, inconnu et inconnaissable.
Elle produit le double de soi sans le concours et le consentement de sa compagne, sa pensée est devenu une réalité, mais pas l'image du divin, mais un imparfait, un monstre non seulement pour son aspect, un dragon avec un masque de léopard aux yeux de feu, électrocutant et enflammé ; Il est le créateur, le démiurge de l'enfer.
Ce travail imparfait, en outre, coïncide avec la séparation du plérôme de l'obscurité ci-dessous, semblable à des eaux primordiales, féminin et c'est pourquoi Sophia peut faire remonter à la figure de la mère à l'extérieur
plus haute sphère de pleromatic qui génère le monde.
L'image du démiurge qui proclame Dieu appelle la figure mythologique de Dragon considéré, déjà les traditions les plus anciennes, la personnification du pouvoir, distributeur d'eau ce destructeur de la vie.
Rappelant la question initiale pour symboliquement transformer et façonner, le dragon appartient à l'élément chtonien de l'eau, matière de la femme unie dont il est le souverain, comme la tête de son lion — la Couronne qui a souvent conduit, symbolise, dans son aspect négatif.
Dans la conception gnostique le monde a donc provient d'une erreur ontologique : décision de Sophia pour rencontrer son père, le premier principe, s'éloignant du plérôme et opter, inconsciemment, mais volontairement, par la voie du mal et des ténèbres. Auto-générative Sophia Loi rappelle la figure d'Uroboros qu'interfecit si maritat si ipsum ipsum, impraegnat, se ipsum.
L'Uroboros est l'image mentale de l'indifférencié, là où c'est original, il y a distinction des contraires, la coincidentia oppositorum représentation.
Sophia, mais inconvénient règne auquel cas l'image symbolique de l'Uroboros devient synonyme d'une source de l'univers-monde du chaos.
Pourtant, ce choix a une signification profonde : il représente, dans la perspective de l'âme, le principe du trouble et que le principe d'origine de la séparation ; mais chaque cosmogonie implique un sacrifice : donner
forme à la matière on entend participer à l'énergie primordiale pour le changement.
La Sophia gnostique, comme la veille biblique est la mère qui donne la vie, mais crée un monde imparfait : taille de la femme est alors attribuée à la chute de l'humanité.
Sophia, le démiurge, découlent trois natures, qui sont la mise en forme et la cristallisation de ses humeurs : la rébellion, qui proviennent de l'irrationnel ou Ilici, représenté par Caïn ; souffrance, qui provient de la voyance, justes et raisonnables, d'où descend Abel ; conversion, de qui descendent les pneus, qui appartient à Seth.
Sin, l'erreur de la condamnation de l'insubordination Sophia d'être emprisonné dans la matière qu'elle a créé et qui peuvent être échangés par l'intermédiaire de l'action de son compagnon, le Cristòs Sotèr. Essayez de saisir ce qui est au-delà de la chute de connaissances Sophia dans l'ignorance et dans informità, dans le vide de connaissances qui s'appelle l'ombre, l'ombre de cône ; mais dans sa bonté infinie du
Père pantocrator envoyer une goutte de lumière infondendola dans l'âme des hommes.
Grâce à la connaissance du Sauveur, destandosi gouttes de sommeil humain, peut retourner à la société mère, rétablissant ainsi l'unité d'origine.
Gnose, apporté de Cristòs pour le rachat de Sophia et de toute l'humanité est justement la prise de conscience de l'unité spirituelle.
Même la Sophia Aeon a plusieurs niveaux de manifestation : la Pistis Sophia est la fidèle ou divine Ennoia Sophia, Sophia Achamot (sagesse) appartient déjà à l'extra-pleromatico, (prunikos) Sophia
Lusty) génère, tandis que Sophia Echmot (tendance, pensée) est la Sophia de la mort
Mais c'est toujours par la femelle, reproduisant le masculin soi-même, qui est la force unificatrice des contraires qui mène à la totalité.
L'image de Sophia couronné que revient au plérôme n'est pas différente de l'Assomption de Marie au ciel comme Regina coeli.
Sophia est donc qu'un monde-cosmo a une alimentation maternelle terre à terre, chthonios, sombre et lugubre, réflexion et de la grande mère qui apparaît dans son aspect négatif et le matériel, comparée à celle des hommes liés au plérôme.
Selon une conception jungienne distinctement ce mythe gnostique est "manifestement psychologique" comme l'illustre, sous forme d'une projection cosmique, la séparation de l'âme d'une conscience mâle femelle
orienté dans le sens spirituel, qui aspire à la victoire absolue et définitive à l'esprit sur le monde des sens.
Les hommes de ce monde, selon les Gnostiques pensaient que possède un corps, une âme et un esprit : ce dernier entouré de sept finitions de l'âme provenant de sept sphères des archontes, gouverneurs du monde dans lequel l'homme est un prisonnier.
L'ignorance est l'essence même de l'existence de ce monde par lequel le plérôme, l'esprit est tellement étouffé de la sang et la chair qui est dormant, endormi.
Il peut être réveillé et sauvé que par la connaissance de Dieu et de trans-banal lui-même — de son origine divine reçu de Sophia, la mère à l'extérieur de la plus haute sphère de pleromatic.
L'âme, si un côté est le pont vers l'au-delà, d'autre part oblige l'homme de vivre selon son émotivité, persistante dans le monde et son Chthonic attachant éphémère.
Mais chaque homme est une étincelle divine qui combine la plus haute taille de sphère pleromatic, une étincelle dans les profondeurs des eaux intérieures, où la lumière du soleil n'atteindre pas, mais que le pâle reflet de la lune.
Comme nous le savons les déesses lunaires ont été examinés, dans la mythologie, les sources de la sagesse et la connaissance. La lune qui brille comme l'argent, c'est l'image de l'avenir, le mourant et la Renaissance.
Ainsi, Sophie trouve et combine la lumière et les ténèbres pour les gnostiques, la sagesse divine, la forme féminine du Saint-Esprit ; Ainsi, la dévotion et la foi dans cette sagesse peuvent projeter un homme pour écouter la voix intérieure de l'âme, abandonnant son autonomie et de succomber à l'irruption des pouvoirs maléfiques de la lune, l'esprit.
Grâce à la médiation alchimique représentée par la figure de Sapientia, Sophia retrouve, dans le processus de rachat, la divinité de l'éternel féminin, le visage céleste de la sagesse, la puissance des forces de la lune et
l'expression de la plus haute forme de soi féminin spirituel, une vie qui en conclut simplement matière elle-même tout pour atteindre dehors à tous et chacun.
Dans la conception de cavalerie sacrée et, en particulier, des Templiers, la mythologie du féminin sacré terres après la médiation accomplie par l'expérience et les études de l'alchimie.
Cette voie implique, comme vous l'aurez deviné, une transformation, pas la disparition, mais l'évolution de ce qui était l'élément négatif du féminin sacré, l'aspect destructeur de la grande dévorante
Mère.
Ce que l'expérience gnostique a été décrit comme l'incarnation du mal faite par Sophia, mal tombé pour prévenir, combattre et détruire les Templiers la mythologie chevaleresque devient un mal être transformée.
Symboliquement, la représentation devient celle du Dragon (élément Chthonic femelle) qui sape la dama (Sophia Ennoia) et l'épée du chevalier doit frapper, ne pas pour le détruire, mais pour trascenderlo
et de le transformer.
La bouche primordiale, longue et lourde de dents, devienne un aspect démoniaque dans la Gnose et un dragon dans la cavalerie. Première et unique dans l'histoire de l'humanité le chevalier, ayant déjà racheté votre monde matériel, sont enfin en mesure de briser le cercle de l'âme uroborico de monde ; son épée flambe, puis projection de la lumière du faisceau que sauver une trasmutatorio véritable apparence Loi de lunaire, mettre la lune chthonienne par dessus de la tête aux pieds, afin que l'acte de hieros gamos sublimée femelle donne lieu à l'apparition de Cristòs Sotèr dans le microcosme de tout homme et
dans le macrocosme de l'humanité.
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